I sintomi della NCGS, la cui prevalenza secondo evidenze indirette si attesta intorno al 6%, sono in parte simili a quelli della celiachia e di altre malattie infiammatorie intestinali come sindrome dell’intestino irritabile o small intestinal bacerial overgrowth (SIBO). Essi comprendono manifestazioni intestinali e/o extra-intestinali con tassi di frequenza variabili. Tra i più comuni si elencano gonfiore, dolore addominale, mancanza di benessere e stanchezza; comune è inoltre diarrea, dolore epigastrico, nausea, aerofagia, reflusso gastro-esofageo, stomatite aftosa, alvo alternato, costipazione, mal di testa, ansia, mente offuscata, sonnolenza, dolori muscolari e articolari, rush cutanei e dermatiti. Oltre a quelli già elencati la NCGS si è associata ad altri sintomi meno ricorrenti come fissurazioni anali, ematochezia, perdita di peso, anemia, perdita di equilibrio, depressione, rinite, asma, aumento ponderale, cistiti interstiziali, peli incarniti, oligo o polimenorrea, sintomi sensoriali, disturbi del sonno, allucinazioni, cambiamenti di umore, autismo, schizofrenia.
Quindi quali sono i criteri di diagnosi per la sindrome della sensibilità al glutine non celiaca? Secondo il terzo Meeting di Esperti Internazionali sui Disordini Relativi al Glutine svoltosi a Salerno il 6-7 Ottobre 2014, non essendo presenti biomarkers sensibili e specifici, il monitoraggio attento e standardizzato del paziente durante l’eliminazione del glutine e la successiva re-introduzione è il miglior approccio diagnostico specifico per la NCGS.
Il protocollo diagnostico prevede 2 step, il primo nel quale viene condotta una dieta gluten-free, utile per definire i pazienti responsivi alla dieta, e il secondo, definito ‘the gluten challenge’, dove il glutine viene re-introdotto. Al tempo 0 (inizio dello step 1) i pazienti devono aver necessariamente seguito una dieta contenente glutine per un periodo di almeno 6 settimane. Dopo questo periodo il protocollo prevede la compilazione di un questionario dove viene indicata la presenza o meno dei sintomi ascrivibili alla sindrome, indicando inoltre la severità di ciascuno.
A questo punto il paziente è pronto per lo step 1 (dieta gluten-free), dove è importante che sia adeguatamente assistito e supportato da un nutrizionista, per facilitare una corretta aderenza alla dieta. Anche se i miglioramenti dovrebbero essere visibili rapidamente dopo l’eliminazione del glutine, la dieta gluten-free deve essere condotta per almeno 6 settimane, così da poter evidenziare cambiamenti anche dei sintomi discontinui come ad esempio il mal di testa.
Come valutare il protocollo diagnostico dell’NCGS? I responsivi sono definiti quei pazienti che riducono del più del 30% da 1 a 3 dei sintomi principali o un solo sintomo senza peggioramenti degli altri per almeno il 50% del tempo (3 settimane). La diagnosi di NCGS è esclusa in caso di mancato miglioramento dei sintomi dopo 6 settimane di dieta ad esclusione.
Ma il miglioramento dei sintomi non è sufficiente per diagnosticare la NCGS, che necessita il completamento del 2 step al quale corrisponde la re-introduzione del glutine nella dieta. Questo step deve avvenire, secondo protocollo, con una procedura a singolo cieco nella pratica clinica e a doppio cieco in ambito di ricerca. Le raccomandazioni indicano la somministrazione di 8 gr di glutine (vicino alla quota di assunzione nella dieta occidentale pari a 10-15 gr/die) o del placebo attraverso alimenti indistinguibili sotto l’aspetto visivo, di texture, sapore e bilanciamento di carboidrati, fibre, grassi e proteine. Il gluten challenge prevede una settimana di dieta con glutine e una gluten-free, ad insaputa del paziente che deve, alla fine di ognuna, compilare il questionario iniziale. Una variazione dei sintomi di almeno il 30% comprova la NCGS.
Bibliografia:
Catassi C. et al, “Diagnosis of Non-Celiac Gluten sensitivity (NCGS): The Salerno Experts’ Criteria”, Nutrients. June, 2015.
Associazione Italiana Celiachia (AiC).