Per prima cosa definiamo il junk foods: questi alimenti sono caratterizzati da facilità nel reperimento, basso costo, facile preparazione, veloce consumo e da un gusto sempre migliore! Vorrei soffermarmi sulla ‘facilità di reperimento’ in quanto se ci pensiamo fino ad un po’ di anni fa era improbabile avere la possibilità di procurarsi un pasto completo al di fuori delle ore canoniche di pranzo e cena proprio perché i ristoranti rispettavano orari prestabiliti. Adesso invece è possibile mangiare a qualsiasi momento del giorno per il dilagarsi di catene ad orario continuato che ormai sono aperti anche di notte!
Passiamo al capitolo ‘input/segnali’ attentamente studiati dall’industria alimentare. Essi non colpiscono solo i cinque sensi ma anche il ricordo e la propria esperienza pregressa.
Per quanto riguarda il gusto, non basta più che l’alimento sia semplicemente buono ma deve catapultarti in un’esperienza multisensoriale ed unica! Vorrei concentrarmi sui segnali subliminali, dei quali non abbiamo percezione, meno conosciuti e più pericolosi poiché agiscono a livello dell’inconscio, inducendoci ad apprezzare maggiormente l’alimento e quindi a consumare una quantità maggiore, più velocemente e più frequentemente! Esempi sono particolari caratteristiche durante la masticazione (un esperimento ha dimostrato come le patatine possano essere rese il 15% più croccanti e fresche semplicemente manipolando il suono della masticazione che le persone odono mentre mordono, oppure la percezione di un sapore del pesce migliore ma non più salato quando ascoltano il suono del mare rispetto ad altri brani) (2). A parte questi esperimenti, nella quotidianità l’industria alimentare nulle lascia al caso! Alcuni esempi sono il perfetto melting point ovvero la combinazione di ingredienti dell’alimento che permettono a livello della temperatura della cavità buccale di fondersi, invadere la bocca di sapori e odori e facilitare la deglutizione per la formazione di un bolo morbido. In questo modo ci ‘risparmiano’ di masticare e non lo fanno come favore ma per indurci a mangiare più velocemente ed in maggiori quantità, sia perché in minor tempo si introducono più calorie sia perché viene inibita la percezione della sazietà in assenza di masticazione. I segnali non sono circoscritti al solo alimento ma coinvolgono l’esperienza nel complesso e quindi anche la location, che rimanda ad una specifica atmosfera, luogo, momento (un esperimento ha dimostrato come tessuti rossi e bianchi e festoni di bandiere italiane sul muro, come un brano di Pavarotti all’altoparlante, possono avere un impatto sull’etnicità dei piatti) (2).
L’altro dato allarmante è come i vari prodotti alimentari si siano nel tempo modificati! Da un lato le porzioni, che sono nel tempo aumentate sempre più, nel Regno Unito è stato stimato un aumento dal 20 al 100% (questo vuol dire una porzione doppia!) negli ultimi dieci anni. Qual è lo scopo della maggiorazione delle porzioni? Semplicemente una spinta naturale a mangiare di più quando una persona si trova davanti una porzione maggiore, determinando col passare del tempo l’impossibilità di saziarsi con una porzione standard. Le altre modifiche riguardano la ricerca di precise caratteristiche come aspetto, odore, consistenza, gusto nonché la parallela riduzione del costo finale: così le crocchette di pollo che tanto ci piacciono non solo hanno ridotto il loro contenuto in massa proteica ed aumentato lo strato di panatura ma sono anche addizionate con un contenuto di acqua pari al 25%, per impedire la riduzione in volume, per il minor costo e per rendere il pollo più soffice e facile da deglutire.
Detto questo potete capire la mia reazione in seguito all’esperienza nel locale di cui parlavo ad inizio articolo, perfetta esemplificazione di quanto descritto! La location era in perfetto stile americano anni ’50 con arredamenti e juke-box incluso nonché camerieri dotati di cappello stile western! Le pietanze erano servite in piatti di dimensioni ciclopiche, più che piatti sembravano insalatiere. Una porzione di nachos è stata sufficiente per tre persone, naturalmente accompagnate da salse di ogni genere, che oltre aver invaso le patatine erano disponibili sul tavolo a volontà. In ciascun piatto veniva inclusa una porzione di patatine rigorosamente fritte. La maggior parte delle portate erano panini, ma aldilà di questo vogliamo parlare delle porzioni? I panini erano di almeno 19 cm di diametro, pane rigorosamente stile americano dolciastro e morbido, carne di pessima qualità e naturalmente precotta. Il risultato finale è stato per i più temerari la fine del ciclopico panino con contorno di patatine fritte, mentre metà del tavolo ha avanzato almeno metà porzione.
Con tutto ciò, il locale era pieno, incluse numerose famiglie con bambini che riempivano a più non posso i loro mini-hamburger (ovvero porzione standard da adulto) di salse di ogni tipo.
Ma come accennato la capacità di influenzare le nostre scelte alimentari va ben oltre, modificando il nostro approccio neurobiologico all’alimentazione. Non perdetevi quindi la seconda parte di questo post!
Bibliografia:
(1) David A. Kessler, The End of Overeating, London, Penguin Books, 2009.
(2) Spence C., Multisensory flavour perception, Current Biology, Vol 23 N° 9 R365-R369.