Sindrome dell’intestino irritabile... impariamo a (ri)conoscerla!
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IBS
Salute
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Molte persone soffrono di disagi gastroenterici, spesso presenti da molto tempo e per questo considerati ‘normali’. Quando si deve parlare di ‘anormalità’? E quando affidarsi a dei professionisti potrebbe migliorare significativamente la propria sintomatologia?
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I disturbi, come dolore e gonfiore addominale, sono variegati, sfumati ma soprattutto variabili nel tempo all’interno della stessa persona, ancor di più tra persone diverse. Le possibili cause si suddividono in due grandi categorie. Da una parte le cause organiche come celiachia, infiammazioni croniche intestinali, intolleranze specifiche, delle quali è importante sincerare l’assenza, dall’altra disturbi funzionali, tra i quali si annovera la sindrome dell’intestino irritabile (IBS). Questa sindrome anche detta sindrome del colon spastico o colon irritabile è presente dall’1 al 20% della popolazione mondiale, interferisce con la qualità della vita rappresentando la seconda causa di assenza da lavoro o da scuola, tuttavia solo il 10% delle persone si rivolgono a professionisti in grado di migliorarla(1).

L’IBS  è un disturbo cronico debilitante notoriamente difficile da trattare poiché non è stata individuata alla sua origine una causa organica. L’IBS rientra quindi tra i disturbi funzionali gastrointestinali (FGIDs) con alterazione delle funzionalità motoria, della sensibilità dolorosa e della secrezione dei liquidi con interessamento del colon e intestino tenue.

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Sintomatologia.

I sintomi che maggiormente si riscontrano sono dolori addominali,  senso di evacuazione incompleto e gonfiore addominale. Ma a chi è non è capitato di avere alcuni dei sintomi suddetti? Come discriminare una semplice influenza gastroenterica con l’IBS? Per semplificare la diagnosi sono stati redatti nel 2006 grazie ad una commissione internazionale criteri specifici definiti ‘Criteri di Roma III’ di cui riporto la tabella, purtroppo in lingua inglese.

La sintomatologia deve essere presente per almeno 3 giorni al mese negli ultimi 3 mesi, in presenza di un numero maggiore di 2 dei seguenti sintomi:

-miglioramento in seguito a defecazione

-esordio associato ad un cambiamento della frequenza di evacuazione

-esordio associato ad un cambiamento nella forma delle feci.

Oltre a questi sintomi vi sono quelli definiti ‘supportivi’, ovvero non indispensabili alla diagnosi ma utili nella conferma della presenza di IBS quali: frequenza di evacuazione anormale (inferiore a 3 evacuazione settimanali o superiore a 3 evacuazioni quotidiane), forma anormale delle feci, dolore con la defecazione, urgenza (sensazione di incompleto svuotamento), presenza di muco, gonfiore.

l’IBS si suddivide inoltre in 4 sottotipi diversi che richiedono quindi delle accortezze specifiche: prevalenza di costipazione, prevalenza di diarrea, mista o senza sottotipo.

criteri diagnostici Roma III IBS      sottotipi IBS Roma III

 

Diagnosi differenziale.

Di fondamentale importanza risulta discriminare l’IBS da altre patologie che allo stesso modo interessano il tratto gastroenterico ma di tutt’altra natura come celiachiapatologie infiammatorie croniche (IBD),  sensibilità al glutine non celiaca (NCGS di qui avevo parlato qui), SIBO, allergia al nichel, endometriosi. Per escludere la celiachia risulta indispensabile valutare la presenza di anticorpi IgA anti-transglutamminasi e IgA anti-endomisio tramite prelievo ematico, per la NCGS valutare la presenza di IgG anti-gliadina, per l’allergia al nichel effettuare un patch cutaneo, per la SIBO effettuare il breath-test al glucosio o al lattulosio. Risulta basilare escludere la presenza di queste patologie organiche per la gravità che le caratterizza e la necessità di una terapia specifica, diversa da quanto suggerito in caso di IBS.

Gli esami strumentali ci offrono informazioni chiare della presenza o meno delle varie patologie, tuttavia prima di sottoporsi a tutte le analisi citate è importante che il professionista abbia la capacità di escludere alcune di esse grazie ad indizi direttamente forniti dalla sintomatologia. Ad esempio in caso di endometriosi si osserverà la presenza dei sintomi prevalentemente nel periodo luteale e una riduzione se non l’assenza di essi nella fase follicolare e ovulatoria, in caso di SIBO si avrà un peggioramento sei sintomi nell’ utilizzo dei probiotici e un miglioramento paradossale con l’utilizzo di antibiotici, e così via. Affidatevi a persone che trattano l’IBS e che quindi sapranno indirizzarvi ad eseguire l’esame che necessitate senza perdite di tempo.

Cause.

Le cause dell’IBS, ovvero l’eziopatogenesi, non sono ad oggi chiare. Sicuramente è riconosciuto dalla comunità scientifica la base psicosomatica della sindrome, per la quale tecniche di rilassamento come il training autogeno risultano strumenti terapeutici efficaci. Si crede anche nell’interessamento del sistema nervoso enterico, ciò che viene definito il secondo cervello, una complessa rete di oltre 1 centinaio di milioni di neuroni che indipendentemente dal sistema nervoso centrale integra, elabora e fa funzionare il tratto gastroenterico. Studi recenti sottolineano la presenza di ipersensibilità a questo livello in persone con IBS. La presenza di una base genetica è stata ipotizzata, tuttavia non è stato identificato un’alterazione genetica specifica che possa spiegare l’intero quadro patologico. Pregresse gastroenteriti infettive possono contribuire alla sindrome, come distress psicologici.

La maggior parte delle persone colpite da IBS correlano l’ingestione di determinati *alimenti* allo scatenarsi della sintomatologia. Da tempo infatti consigli dietetici specifici sono parte integrante della terapia. Essi sono racchiusi nelle linee guida NICE (UK National Institute for Health and Clinica Excellence) che riporto:

-avere sani principi alimentari (e.g. pasti regolari, prendersi del tempo per mangiare)

-limitare alimenti ad alto contenuto di grassi, assicurarsi un adeguato apporto di liquidi non caffeinati, limitare le bevande gasate

-limitare i dolci senza zucchero e gli alimenti contenenti sorbitolo

-limitare la frutta a 3 porzioni al giorno

-evitare l’amido resistente potrebbe essere utile (e.g. legumi, mais dolce, banane verdi, pane parzialmente cotto e scaldato)

-limitare le fibre insolubili in caso di diarrea e aumentarle gradualmente in caso di costipazione

-l’aggiunta di avena e semi di lino potrebbero essere utili (come suddetto questi consigli devono personalizzarsi in base al sottotipo che la persona presenta)

Coffee in white cup on wood table

 

La maggior parte di questi consigli sono ancora validi, ma sono stati integrati da un’alimentazione definita *low-FODMAPs*, che ad oggi rappresenta l’approccio ottimale per migliorare la sintomatologia. Uno studio ha anche comparato l’efficacia dei due approcci, da una parte i consigli NICE e dall’altra il low-FODMAPs, evidenziando un miglioramento del totale dei sintomi maggiore nel secondo caso, 86% contro 49% (2) Cosa significa low-FODMAPs? Ne parleremo nel dettaglio nel prossimo articolo, quindi a presto!

 

Bibliografia:

1) Sayuk, G. S., et al, Irritable Bowel Syndrome: Modern Concepts and Management Options, 2015, The American Journal of Medicine.

2) Staudacher, H. M. et al, Comparison of symptom response following advice for a diet low in fermentable carbohydrates (FODMAPs) versus standard dietary advice in patients with irritable bowel syndrome, 2011, Journal of Human Nutrition and Dietetic.

 

#Educational1 febbraio 2017