Alimentazione e fibromialgia, è possibile contribuire al miglioramento dei sintomi?
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La fibromialgia è una sindrome a causa ancora ignota caratterizzata da dolore diffuso e sintomi associati non-specifici come fatica, alterazioni del sonno, depressione, ansia e alterazioni cognitive. Risulta la seconda causa più comune di visite reumatologiche dopo l’osteoartrite, colpisce il 2-3 % della popolazione generale, di cui il 90% rappresentato dalle donne. Recentemente è stato posto l’accento sulla necessità di un approccio multidisciplinare, farmacologico e non. Tra di essi l’alimentazione rappresenta un fattore complementare di rilievo (1).

Una delle cause principali della sindrome sembra risiedere nella sensibilizzazione del sistema nervoso centrale con il conseguente aumento della percezione dolorosa e disfunzione del sistema nervoso autonomo. Alcuni studi evidenziano un elevato grado di stress ossidativo e una bassa capacità antiossidante (ovvero di combattere questo stress), dimostrato dal basso livello di alcuni nutrienti come magnesio e selenio.

I radicali superossidi alterano la nocicezione (ovvero la percezione del dolore) attraverso la sensibilizzazione del sistema nervoso centrale e periferico. L’ipotesi supportata è che la bassa attività enzimatica antiossidante dei pazienti affetti da fibromialgia determini stress ossidativo (ossidazione di DNA e proteine) danneggiando lo stato di salute dei pazienti. I radicali liberi dell’ossigeno inibendo la funzione mitocondriale, possono essere coinvolti nel dolore muscolare e nella sensibilizzazione centrale.

I pazienti affetti da fibromialgia spesso hanno anche una deficienza di ferro e di ferritina. Valori di ferritina più bassi di 50 ng/ml sono correlati ad un aumentato rischio di fibromialgia pari a 6 volte. Il ferro è difatti un cofattore importante per vari enzimi coinvolti nella sintesi di serotonina e dopamina e può avere quindi un ruolo dell’eziologia della fibromialgia. Alcuni elementi in traccia come selenio, zinco e magnesio sono essenziali per il bilancio riduttivo cellulare e la produzione di ATP (la moneta di scambio energetico delle nostre cellule). I pazienti fibromialgici sono inoltre caratterizzati da una bassa concentrazione di aminoacidi ramificati (BCAA —> valina, leucina, isoleucina) e di fenilalanina.

Approccio nutrizionale

In letteratura sono descritti miglioramenti in seguito alla supplementazione di micronutrienti con attività antiossidante. In due studi clinici è stato dimostrato un miglioramento nella funzionalità dell’organismo e della qualità della vita in seguito a una regolare assunzione di Chlorella pyrenoidosa. Quest’ultima è un’alga verde unicellulare che contiene alte concentrazioni di clorofilla, pareti cellulari, beta-carotene, vitamine e minerali, così come fibre alimentari, acidi nucleici, aminoacidi, enzimi e altre sostanze.

Alcuni studi hanno evidenziato che molte malattie degenerative come il diabete, il cancro, patologie muscolari e cardiovascolari nonché la fibromialgia, sono associate ad un basso livello di coenzima Q10 (CoQ10). L’assunzione orale di CoQ10 rappresenta un energizzante mitocondriale e una strategia antiossidante che può determinare un significativo beneficio sintomatico. L’integrazione di creatina aumenta il contenuto di fosforilcreatina intramuscolare e migliora la funzionalità dei muscoli sia nella parte alta che bassa del corpo. Negli ultimi anni alcuni ricercatori hanno evidenziato un’associazione tra dolore muscolare cronico e deficienze di vitamina D, stimolando la ricerca all’esplorazione della suddetta associazione. Tuttavia i risultati della supplementazione di vitamina D sono contrastanti.

Alcune review recenti indicano il magnesio, l’L-carnitina e la S-adenosilmetionina come i supplementi non-farmacologici col più alto potenziale nella fibromiaglia.

Parallelamente ci sono evidenze di miglioramenti in seguito a una dieta ricca di antiossidanti. Tra i vari approcci alimentari proposti c’è la dieta ad esclusione delle eccitotossine (glutammato, L-aspartato, L-cisteina), individuate come sostanze che eccitano i neuroni in una modalità anormale e pericolosa. Il glutammato è il più diffuso neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale a livello alimentare e ad alte concentrazioni può sovra-eccitare e causare morte neuronale. Le eccitotossine (glutammato, L-aspartato, L-cisteina) sono presenti in alimenti quali parmigiano e altri formaggi stagionati, brodi, dadi da brodo, salsa di soia o altre salse asiatiche, aromi (naturali e non) oppure sotto forma delle seguenti diciture riportate nella lista degli ingredienti: gelatine, proteine vegetai idrolizzate come soia, mais, grano etc, caseinato di sodio, caseinato di calcio, aroma di affumicato, estratto dai malto, proteine texturizzate, carragenani. Come potete vedere sono molti gli alimenti da tenere sotto controllo, ma soprattutto si tratta di ‘prodotti alimentari’ ovvero prodotti pre-lavorati e pre-cotti di natura industriale. Uno studio ha dimostrato come la dieta ad eliminazione delle eccitotossine risulti applicabile anche a casa e nel lungo termine visto il proseguimento di essa anche dopo la fine dello studio, determini un miglioramento della sintomatologia nell’84% nei soggetti testati. Inoltre la re-introduzione del glutammato ha scatenato una nuova manifestazione dei sintomi, individuando quest’ultimo come la principale eccitotossina avversa.(2)

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Nei pazienti fibromialgici si riscontrano spesso sintomi gastrointestinali come dolore addominale, borborigmi, distensione addominale e diarrea o costipazione, tipici della sindrome dell’intestino irritabile. Difatti nei pazienti fibromialgici la comorbidità più frequente risulta proprio la sindrome dell’intestino irritabile (di cui avevo parlato in questo articolo) che si attesta all’81%. Alcuni autori suggeriscono come un sottogruppo di pazienti con fibromialgia possa esprimere forme di celiachia subclinica o sensibilità al glutine non celiaca (della quale avevo parlato in questo articolo), descrivendo i benefici di una dieta priva di glutine. L’esclusione del glutine dalla dieta di pazienti affetti da fibromialgia è stato recentemente individuato come un potenziale intervento di miglioramento clinico.

Il sovrappeso e l’obesità sono due comorbidità frequenti nelle donne con diagnosi di fibromialgia, anche se ad oggi non è possibile accertare se l’obesità sia la conseguenza o la causa di fibromialgia. Il legame tra queste due condizioni è determinato da diversi fattori come: inattività fisica, disturbi cognitivi e del sonno, comorbidità psichiatrica (tra cui anche disturbi del comportamento alimentare), disfunzioni della ghiandola tiroidea, disfunzione dell’asse GH(ormone della crescita)/ IGF-1, alterazione del sistema oppioide endogeno. Il profilo della composizione corporea in donne affette da fibromialgia è molto specifico, con un aumento del tessuto adiposo e riduzione della massa muscolare. L’obesità e l’inattività fisica predispone allo sviluppo di dislipidemia (alterazione del profilo dei grassi presenti nel sangue come trigliceridi, colesterolo, etc) e quindi ad un aumentato rischio di patologie metaboliche. I pazienti obesi sono ad elevato rischio di sviluppare depressione e disordini d’ansia. Inoltre i pazienti obesi affetti da fibromialgia esibiscono un sonno maggiormente disturbato, sia nella quantità che nella qualità.

Il calo ponderale è auspicabile e migliora sensibilmente la qualità della vita, la depressione e la qualità del sonno. Inoltre chi perde peso riduce significativamente la concentrazione della interleuchina 6 e della proteina C-reattiva, indici sensibili dello stato infiammatorio globale.

Bibliografia:

1) Rossi A. et al, Fibromyalgia and nutrition: what news?, 2015, Clinical and experimental rheumatology.

2) Holton K.F., et al, The effect of dietary glutamate on fibromyalgia and irritable bowel symptoms, 2012, Clinical and experimental rheumatology.

#Educational26 giugno 2017