Le seguenti tabelle elencano i valori nutrizionali del Caffè, dove le quantità sono in % sul chicco di Caffè secco, asciutto.
- caffeina 0.9 – 1.2
- minerali 3 – 4.2
- proteine 11-13
- grassi 12-18
- oligosaccaridi 6-8
- acqua 10-13
- Caffeina 1
- Minerali 3,5 – 4,5
- Proteine 13-15
- Grassi 14,5 – 20
- Oligosaccaridi 0 – 3,5
- Acqua 1 – 5
- Caffeina 1,6 – 2,4
- minerali 4 – 4,5
- proteine 11 – 13
- grassi 9 -13
- oligosaccaridi 5 – 7
- Acqua 10 – 13
- Caffeina 2
- minerali 4,6 – 5
- Proteine 13 – 15
- Grassi 11 – 16
- oligosaccaridi 0 – 3,5
- acqua 1 – 5
La composizione di una tazza di espresso è invece la seguente:
- 50% polimeriòl>
- 14% acidi alifaticiòl>
- 10% acidi clorogeniciòl>
- 7% caffeinaòl>
- 6% mineraliòl>
- 6% saccarosioòl>
- 4% monosaccaridiòl>
- 3% trigonellinaòl>
Qui sono riportate le molecole principali presenti nei chicchi, ma essi risultano una miscela complessa di diverse centinaia di sostanze chimiche, naturalmente presenti e/o modificate dal processo di tostatura, che modifica in maniera rilevante la composizione del chicco. La tostatura è un processo nel quale le ciliegie di Caffè vengono portate ad una temperatura di 200-240 °C per 10-15 minuti. La tostatura conferisce al Caffè il gusto caratteristico e l’aroma piacevole.
Quali gli effetti del Caffè sull’organismo?
Il Caffè ha un effetto sull’organismo dicotomico, a basse dosi ha effetti positivi, ad alte dosi può addirittura diventare tossico, come accade per molte sostanze dove citando Paracelso ‘la dose fa il veleno’. Quali le quantità giuste, o meglio dire sicure? Parliamo di dosi di sicurezza in quanto l’effetto è fortemente dipendente dalla sensibilità individuale. Al di là di soglie individuali mantenendosi entro certi confini eviteremo che il fisiologico aumento di allerta conseguente al consumo di Caffè si trasformi in ansia, che il nostro cuore vada incontro a palpitazioni e il sonno venga disturbato, in un processo che potremmo definire sovrastimolazione.
La molecola responsabile di queste risposte è la caffeina, che possiamo trovare anche in altri alimenti quali tè, energy-drink, cioccolata, guaranà. In una tazzina di Caffè troviamo circa 100 mg di caffeina. La molecola della caffeina è strutturalmente simile all’adenina e si lega ai recettori di quest’ultima sulle membrane cellulari. Attraverso un’inibizione competitiva la caffeina influisce sul processo di regolazione nervosa mediante scarica del potenziale post sinaptico. Ne risulta un aumento dei livelli di adrenalina e noradrenalina, che stimolano indirettamente il sistema nervoso simpatico con l’aumento del battito cardiaco e dell’afflusso di sangue ai muscoli, una diminuzione dell’afflusso di sangue alla pelle e agli organi interni e al rilascio di glucosio del fegato. Per questi motivi spesso la caffeina è utilizzata dagli atleti prima di una prestazione sportiva.
L’emivita della caffeina, ovvero il tempo di permanenza all’interno del circolo sanguigno è di circa 2,5-4,5 ore, con un picco di concentrazione massima intorno a 1,5-2 ore dopo l’assunzione. Perché la permanenza della caffeina nell’organismo è così variabile? Per caratteristiche individuali, che rendono alcune persone molto sensibili al suo utilizzo mentre altre quasi indifferenti.
Difatti la degradazione della molecola è a carico epatico. Le metilxantine (caffeina, teofillina, etc) sono metabolizzate dal citocromo CYP1A2 che rappresenta il 10-15% degli isoenzimi del CYP450 a livello epatico. Esso metabolizza antidepressivi tricicli, paracetamolo, e altri farmaci. I metabolizzatori lenti necessiteranno maggior tempo per l’eliminazione della caffeina, che rimarrà più a lungo in circolo. Le conseguenze della prolungata prermanenza possono manifestarsi con nausea, tachicardia, palpitazioni, anoressia, vomito, disidratazione, albuminuria, febbre, insonnia, irritabilità. La gravità delle manifestazioni varieranno in base alla quantità di caffeina assunta così come dall’utilizzo parallelo di farmaci e/o sostanze inibitorii del CYP 1A2 (fluvoxamina, succo di pompelmo, chinoloni).
La caffeina inibisce l’azione dei recettori dell’adenosina A1 e A2a. Questo occorre a basse concentrazioni di caffeina raggiungibili con una singola tazzina di Caffè. L’assunzione di una quantità di caffeina pari a 50-200 mg in una singola dose (raggiungibili con 1 tazzina di Caffè) ha effetti positivi: aumenta la prontezza dei riflessi e l’energia, il benessere, il rilassamento, il buon umore e migliora la memoria (1). Al contrario elevati dosi di caffeina (400-800 mg in una singola dose) possono avere effetti negativi come ansia, nervosismo, insonnia, agitazione, tachicardia e tremori. Risulta quindi consenso comune che l’assunzione di 4-5 tazzine di Caffè al giorno non determini preoccupazione per la salute. L’autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha infatti recentemente redatto un documento sulla sicurezza della caffeina, non osservando effetti avversi in seguito al consumo di 200 mg di caffeina in condizioni ambientali normali, anche 2 ore prima un esercizio fisico intenso (2). Il limite posto dall’EFSA è pari a 400 mg di caffeina totali al giorno (circa 4 espressi) per la popolazione generale, ad esclusione delle gravide. Ricordo inoltre come il Caffè sia sconsigliato in caso di sindrome dell’intestino irritabile (argomento che potete approfondire in questo articolo), in caso di sindrome dell’ovaio policistico o per chi ricerca una gravidanza a causa del suo ruolo nel furto di pregnenolone, con conseguente abbassamento del progesterone. La caffeina inoltre aumenta l’insilino-resistenza, per questo è da ridurre in caso di sindrome dell’ovaio policistico.
L’azione della caffeina si ripercuote anche sul nostro ritmo circadiano intrinseco (come spiegato in questo articolo), caratterizzato dall’alternarsi di sonno e veglia. La circadianeità è fondamentale per il benessere e la produzione ormonale, tant’è che nei lavoratori a turni, dove questo ritmo risulta continuamente spezzato e nuovamente impostato si hanno molte problematiche, metaboliche e non solo. Come agisce il Caffè sul ritmo circadiano? Determina il rilascio di cortisolo, un’ormone fondamentale che ci fa svegliare al mattino e iniziare la giornata. Il cortisolo è anche l’ormone dello ‘stress’ per la sua capacità di attivare una serie di meccanismi alla base della risposta ‘combatti o fuggi’. In condizioni di stress molto intensi oppure prolungati il rilascio di cortisolo è costante e continuamente elevato determinando la perdita delle sue fluttuazioni cicliche. In queste situazioni l’utilizzo di Caffè risulterebbe fortemente inappropriato a meno che non vogliate accendere la miccia di una bomba ad orologeria.
Considerando l’effetto del Caffè sull’organismo è possibile consigliare nella popolazione generale una quantità di Caffè che non superi le 4 tazzine giornaliere. A livello individuale il numero preciso di Caffè varia molto considerando la capacità epatica di metabolizzare la caffeina contenuta e la co-presenza di alcuni farmaci che condividono con la caffeina l’enzima deputato alla loro degradazione. Per la sua interferenza sul ritmo sonno-veglia consiglio di evitare di bere Caffè nel tardo pomeriggio per l’interferenza con la produzione delle onde alfa cerebrali necessarie per un sonno profondo. Inoltre risulta sconsigliato il suo utilizzo in caso di sindrome dell’intestino irritabile, sindrome dell’ovaio policistico, in chi ricerca una gravidanza o sta effettuando percorsi di procreazione assistita.