Tiroide e ipotiroidismo: il ruolo dell’alimentazione.
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Nel precedente articolo abbiamo capito cosa si intende per ipotiroidismo, quali sono i sintomi che lo caratterizzano, le tipologie di ipotiroidismo e che, al di là di quello franco noto ai più, esiste anche quello subclinico, caratterizzato da una sintomatologia sovrapponibile ma da valori meno marcati (per chi se lo fosse perso qui il link).

Oggi vorrei parlare dell’alimentazione più idonea nelle varie tipologie di ipotiroidismo. Il primo elemento da considerare è legato ad una delle funzioni che la tiroide stessa svolge all’interno dell’organismo, ovvero quella di regolazione del metabolismo, in base ai feedback del corpo e dagli stimoli esterni. In caso di ipotiroidismo si ha una riduzione della produzione di ormoni tiroidei e quindi un rallentamento metabolico. Uno dei dati che ad esempio evidenzia questo andamento è il rialzo dei valori del colesterolo plasmatico come conseguenza del rallentamento della catabolizzazione, ovvero della capacità di eliminare varie sostanze tra cui il colesterolo. Sappiamo che l’alimentazione è un fattore basilare per la regolazione dell’attività metabolica, difatti la presenza o la carenza di nutrienti (energia) modula il metabolismo. Ciò che si definisce blocco metabolico, ovvero una fase di stallo nella quale non riusciamo a perdere peso, può sopraggiungere in seguito a diete eccessivamente restrittive o protratte per tempi prolungati che portano ad un rallentamento della funzionalità tiroidea. Questo non è naturalmente l’unico meccanismo col quale si sopraggiunge al blocco metabolico ma è una delle possibili vie. Dobbiamo pensare che ci siamo evoluti in condizioni di frequenti carestie, alle quali l’uomo si è dovuto adattare per sopravvivere. L’adattamento alle carestie ha reso l’uomo estremamente resiliente in queste occasioni che tuttavia si presentano davvero di rado per non dire mai, almeno nel (fortunato) mondo occidentale. Di contro l’organismo ha capacità molto scarse di regolare un’eccesso calorico al quale è potenzialmente esposto quotidianamente. Cosa succede quindi quando l’individuo attua regimi alimentari molto restrittivi (con un deficit calorico importante) e/o per periodi prolungati? L’organismo traduce il messaggio in allarme ‘carestia’ e potrebbe quindi ulteriormente rallentare la produzione di ormoni tiroidei. Per questo è completamente sbagliato attuare diete fortemente ipocaloriche in caso di ipotiroidismo.

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Di conseguenza il primo elemento da considerare è non abbassare eccessivamente le calorie. Potrebbero invece risultare utili delle ciclizzazioni caloriche e di nutrienti per ingannare questo meccanismo. Il vecchio approccio ‘se non perdi peso allora è necessario abbassare ulteriormente l’introito calorico’ potrebbe  risultare deleterio oltre che a livello metabolico anche per la sfera emotiva della persona, frustrata dalla mancanza di risultati pur avendo aderito al piano alimentare proposto. Le conseguenze potrebbero essere sfiducia, frustrazione nonché riduzione della compliance. Oltre a strutturare un’alimentazione bilanciata, risulta fondamentale spiegare alla persona come il dimagrimento, qualora questo sia l’obiettivo, risulterà necessariamente più lento, poiché il corpo ha un metabolismo rallentato, ma un’alimentazione studiata ad hoc potrà contribuire in maniera importante a sbloccare la situazione.

L’alimentazione deve risultare ricca di sostanze preziose per la funzionalità tiroidea come ferro,  vitamina A, iodio (per approfondire l’argomento sale iodato leggere qui), povera di sostanze gioitrogene, ovvero riducenti l’attività tiroidea (un esempio è la famiglia delle crucifere) e distruttori endocrini. Alcuni alimenti molto utili sono pesce marino pescato, carne di qualità (come quella grass-fed), latticini interi, vegetali verdi (bietola, spinaci, cicoria). Gli alimenti da evitare sono soia, brassicacee crude, alimenti di bassa qualità ricchi di sostanze chimiche utilizzate nell’agricoltura e allevamento, processati senza avere cura di rispettare la materia prima e conservati in contenitori non idonei (come le sostanze grasse in latta o plastica). A livello integrativo risulta importante valutare l’eventuale necessità di vitamina D e selenio.

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In caso di ipotiroidismo autoimmune è indicato un protocollo dietetico specifico con riduzione/esclusione del glutine moderno (per un’approfondimento leggere qui) e limitazione dei latticini. Il ruolo del nutrizionista risulta in questo caso fondamentale per dare suggerimenti alternativi evitando carenze e/o mancanze.

Il suggerimento di svolgere attività fisica è prezioso perché a livello muscolare si ha la conversione degli ormoni tiroidei (T4 in T3), inoltre l’esercizio fisico permette di aumentare il dispendio calorico senza ridurre eccessivamente la quantità alimentare.

#Educational26 settembre 2017